FACCIA A FACCIA CON GIOVANI RIVOLUZIONARI DI QUATTRO SECOLI FA.
Palermo, 3 Luglio 1634.
Il novizio Carlo Mangiò scrive una lettera al <<Molto Reverendo Padre Nostro in Christo>> e Preposto Generale dell’Ordine della Compagnia di Gesù Muzio Vitelleschi chiedendo espressamente di imbarcarsi per le Indie, allo scopo di colmare quel <<grand et acceso desio>> di servire la <<Regina del cielo>> con la sua opera missionaria.
Fidenza, 25 Febbraio 2022.
La classe IV Classico del Paciolo D’Annunzio sta affrontando la lettura e trascrizione di lettere antiche, denominate dagli studiosi Indipetae (petere Indias), in cui nostri coetanei nei secoli esprimevano il desiderio di recarsi in missione presso le “Indie” (Giappone, Cina, America del sud…) poiché ispirati dalla loro fede salda e dalla lealtà alla Compagnia di Gesù, ordine religioso fondato da Ignazio di Loyola nel 1534 e approvato nel 1540.
Il progetto che ci è stato proposto in collaborazione con Sonia Isidori, ricercatrice presso il Boston College, è stato strutturato in un complessivo di otto ore scolastiche in cui noi, divisi in gruppi, cercavamo di trascrivere su Word lettere originali scannerizzate in italiano antico e in latino; in vista di un’ulteriore sistematicità e per una corretta analisi, dovevamo completare un’interfaccia metadati in cui inserire una serie di informazioni riguardanti la lettera (data, mittente, ricevente, località desiderata…). A volte gli scritti presentavano latinismi, influssi di altre lingue, intere preghiere o formule in latino; non erano perfette, questo le rendeva speciali. Descrizioni di quotidianità, desideri più reconditi, il disagio in famiglia, insomma, una limpida testimonianza di un’epoca passata che rivive ancora e che ancora ci svela dei segreti. Questi ragazzi scrivevano con passione, con ardore, nella speranza di essere scelti per partire dalla loro casa, dal loro paese, dalla loro routine e per cimentarsi in una nuova esperienza (alcune lettere sono state scritte col sangue, tanto era il desiderio).
Leggere, comprendere e trascrivere queste lettere non è stato solo mero esercizio linguistico ma qualcosa di più; l’incontro con una realtà nuova ma antica, passata ma presente, ci ha fatto meditare sui sentimenti che potevano animare questi giovani novizi, pronti a seguire il cuore, coraggiosi per l’impresa, impavidi verso ogni possibile pericolo.
Purtroppo non sappiamo con precisione come sia andata a finire la vicenda di Carlo Mangiò; egli, come molti altri, con molta probabilità è partito per un viaggio, rischiando la vita, per mondi sconosciuti, alla ricerca di se stesso.
Ormai il mondo risulta molto più “ristretto” rispetto a una visione seicentesca quando i lunghi spostamenti erano spesso sinonimo di incerto ritorno; tuttavia la caratteristica che contraddistingueva gli Indipeti era lo slancio verso l’ignoto al fine di raggiungere i propri sogni, i propri obiettivi, raggiungere la santità.
Avrei sicuramente augurato a Carlo Mangiò “buon viaggio”, ma a tutti noi mi sento di dire: “troviamo e raggiungiamo le nostre Indie!”
Elia Reggiani