Cos’è il Fair Play?
Il fair play, letteralmente “gioco corretto”, è un concetto che nasce in Inghilterra nell’Ottocento e viene concepito inizialmente per le competizioni sportive.
Con il tempo inizia a far riferimento anche ad altri ambiti e si diffonde nei rapporti sociali e nella politica, non rappresentando più solo un modo di comportarsi, ma anche un modo di pensare. Dunque, sarebbe errato definirlo come il semplice rispetto delle regole nel gioco, poiché si tratta di un concetto che si collega e ne presuppone altri, quali l’amicizia, il rispetto degli altri e dell’avversario, lo spirito sportivo.
Poiché sono azioni cariche di significato, tali gesti sportivi muovono passioni ed emozioni in chi li esegue e in chi li osserva. Hanno una dimensione assolutamente colma di umanità, che racchiudono in sé un elevato contenuto atletico e che rivelano un aspetto artistico e addirittura poetico, in gesti armoniosi e precisi, eseguiti con apparente semplicità.
Ogni sport ha le sue tradizioni di “Fair Play” fatte di personaggi, eventi memorabili, terminologie specifiche e gesti con significati particolari noti solo agli appassionati.
Esempi di Fair Play nello Sport
Ecco alcuni eventi accaduti realmente che sono diventati veri e propri simboli esplicativi del concetto di “Fair Play” nello sport. Questi hanno un enorme valore sia nella forma del gesto in sé, che nel significato universale che sono in grado di trasmettere.
Nel 1964, durante l’edizione dei giochi di Innsbruck, l’atleta italiano Eugenio Monti venne sommerso di applausi per il suo gran cuore nel compiere un gesto così umano e altruista nei confronti di un proprio avversario: nel corso della finale della gara a squadre di bob, la squadra britannica riscontrò un problema tecnico che, se non risolto, le avrebbe impedito di gareggiare. Proprio in quell’occasione, Monti prestò agli avversari il suo bullone per permettergli di continuare la competizione, che poi avrebbero vinto. Ciò che colpì di quell’episodio, non fu soltanto il gesto di grande sportività del campione, ma il modo in cui l’italiano commentò la sconfitta: “hanno vinto perché sono andati più veloci, non perché gli ho prestato il mio bullone”.
Un altro celebre evento che segnò la storia del “Fair Play” nello sport è sicuramente avvenuto nel 2005. Il protagonista è l’allora tennista numero uno Andy Roddick, che compì un gesto di grandissima lealtà sportiva: egli, infatti, mise in dubbio un punto assegnatogli dall’arbitro, con il quale si sarebbe aggiudicato la vittoria finale. Così facendo, permise al suo avversario Verdasco di rientrare in partita, vincere l’incontro e accedere così ai quarti di finale.
Attraverso il “Fair Play” l’uomo è in grado di raggiungere enormi progressi nella propria persona, rendendolo eticamente e moralmente superiore.
Permette di conoscere meglio sé stesso, poiché rende possibile comprendere quali sono i propri punti di forza e quali le proprie debolezze dal punto di vista fisico, psicologico, emotivo e sociale. Permette, inoltre, di esprimerti e di raggiungere soddisfazioni, mostrando la persona che si è in modo aperto e sincero, attraverso l’attività o lo sport che si svolge. Questo perché rende possibile nell’atleta il senso di piacere e di autonoma realizzazione degli obiettivi che quest’ultimo si è posto: si ottengono così successi personali, che non obbligatoriamente coincidono con la vittoria, ma al contrario con la riuscita del raggiungimento di un traguardo prefissato da tempo.
Da non trascurare è anche l’aspetto delle interazioni sociali, che le varie discipline, anche quelle individuali, offrono sia nei momenti della preparazione che in quelli della competizione. Infine dal punto di vista fisico della salute, il “Fair Play” permette di raggiungere più facilmente un buono stato di salute, perché rappresenta una sorta di “medicina” naturale per tutto l’organismo, il quale, è consapevole di star agendo nel modo corretto, e di conseguenza si sente più spronato nel continuare a praticare sport in modo onesto e altruista.